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Per la costruzione di un “ Pilastro Europeo Dei Diritti Sociali ”

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Era il 9 settembre 2015 quando il Presidente della Commissione europea Juncker pronunciava nell’aula del Parlamento europeo il discorso sullo stato dell’Unione affermando la necessità di sviluppare un Pilastro Europeo dei Diritti Sociali (PESD) che tenesse conto delle mutevoli realtà sociali europee e del mondo del lavoro,  invitando le parti sociali a svolgere un ruolo centrale in questo processo. L’ampia consultazione è stata avviata dalla Commissione europea lo scorso 8 marzo 2016 allo scopo di orientare le politiche in una serie di settori essenziali e favorire maggiore equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale negli Stati membri. Il dibattito ha coinvolto oltre alle istituzioni UE, anche le autorità e i parlamenti nazionali, i sindacati, le associazioni di categoria, le Ong, i prestatori di servizi sociali, gli esperti del mondo accademico e i cittadini. I risultati di questo ampio processo di consultazione pubblica saranno alla base della presentazione di una proposta definitiva del Pilastro che sarà fornita alla Commissione europea nei primi mesi del 2017 e contribuiranno ai lavori sul Libro bianco sul futuro dell’Unione economica e monetaria dell’Europa, previsto per la prossima primavera.

Una volta approvato, il Pilastro Sociale Europeo avrà il compito di monitorare e valutare le performance occupazionali e sociali degli Stati membri, fungendo da quadro di riferimento per i singoli processi di riforma a livello nazionale per il superamento delle profonde divisioni sociali causate dal perdurare della crisi economica. Il successo della zona euro dipende principalmente dalla capacità degli Stati di rendere efficaci i mercati del lavoro e i sistemi di protezione sociale nazionali, all’interno di un sistema che sia in grado di assorbire e adattarsi  a quegli shock che inevitabilmente impattano e trasformano la situazione occupazionale e la stabilità sociale di un Paese. La sfida che il Pilastro Sociale Europeo si pone è quella di dare impulso ad uno sviluppo economico che sia prima di tutto un progresso di tipo sociale e quindi strumento di maggiore coesione, in grado di ridurre le disuguaglianze, massimizzare la creazione di posti di lavoro stabili e far prosperare il capitale umano, rovesciando il paradosso dell’aumento dei livelli d’istruzione e la diffusione dello squilibrio tra domanda e offerta di competenze e la disparità di trattamento.

Il processo di consultazione ha avuto come obiettivi principali la valutazione del corpus di norme sociali attualmente vigenti nell’ordinamento giuridico dell’Unione, il cosiddetto “acquis sociale”,  per la determinazione del grado di applicazione e pertinenza delle norme rispetto alle sfide attuali e ragionare su come queste possano essere riconsiderate; la riflessione sulle nuove modalità organizzative del lavoro e delle società derivanti da variabili differenti quali l’influenza delle nuove tecnologie, le tendenze demografiche e l’impatto di altri fattori che incidono sulla vita lavorativa e le condizioni sociali; la raccolta di opinioni e osservazioni in merito al ruolo del pilastro europeo sui diritti sociali come parte di un’Unione economica e monetaria più equa.

I settori d’intervento inseriti nel progetto di costruzione del pilastro sociale sono stati raggruppati nelle seguenti tre aree: 1) Pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, intesi come sostegno attivo all’occupazione al fine di aumentare le opportunità e migliorare l’occupabilità individuale; 2) Condizioni eque di lavoro ed equilibrio adeguato e stabile tra diritti e doveri ed obblighi dei lavoratori e dei datori di lavoro, bilanciamento tra flessibilità e sicurezza per agevolare la creazione di posti di lavoro, assunzioni e adattabilità delle imprese, promozione del dialogo sociale; 3) Protezione sociale adeguata e sostenibile e accesso ai servizi essenziali di elevata qualità, comprese l’assistenza sanitaria e l’assistenza a lungo termine, per garantire una vita dignitosa e la protezione delle persone.

Nell’ambito di queste tre aree sono stati identificati 20 settori d’intervento e nello specifico: 1. Competenze, istruzione e apprendimento permanente; 2. Contratti di lavoro flessibili e sicuri; 3. Cambiamenti di professione in sicurezza; 4. Sostegno attivo all’occupazione; 5. Parità di genere e equilibrio tra vita professionale e vita privata; 6. Pari opportunità; 7. Condizioni di impiego; 8. Retribuzioni; 9. Salute e sicurezza sul luogo di lavoro; 10. Dialogo sociale e coinvolgimento dei lavoratori; 11. Prestazioni e servizi sociali integrati; 12. Assistenza sanitaria e prestazioni di malattia; 13. Pensioni; 14. Prestazioni di disoccupazione; 15. Reddito minimo; 16. Prestazioni di invalidità; 17. Assistenza di lunga durata; 18. Assistenza all’infanzia; 19. Alloggi; 20. Accesso ai servizi essenziali.

Il contributo dei sindacati europei al processo di consultazione si è concretizzato attraverso la partecipazione della Confederazione Europea dei Sindacati (CES) e per quanto riguarda l’Italia ha coinvolto la CGIL, insieme alla CISL e la UIL in quanto parti della delegazione. In particolare, la CGIL si è espressa sull’importanza di dotarsi di un Pilastro Europeo dei Diritti che sia caratterizzato da strumenti legislativi vincolanti per tutti i Paesi dell’Unione e non solamente quelli dell’Eurozona, perché ciò potrebbe portare in primo luogo ad una disparità di trattamento tra diversi Paesi. Il PESD, oltre a fondarsi sul rispetto dei diritti sociali e sul rafforzamento della coesione sociale, ci si aspetta che sia in grado di influenzare il funzionamento del mercato ai fini del benessere delle persone e dello sviluppo sostenibile, e che vincoli sia gli Stati membri, sia le Istituzioni dell’Unione. È altresì necessario che il PESD, oltre a garantire il rispetto delle Convenzioni e delle raccomandazioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, tenga  conto della dimensione transfrontaliera, stabilendo il divieto di discriminazione tra lavoratori distaccati e occupati nel paese di distacco. Infine, si auspica  che a sostegno del PESD venga introdotta una clausola per gli investimenti sociali, che sia applicata nella fase di attuazione del patto di stabilità e crescita, capace di evidenziare come gli investimenti sociali pubblici siano in grado di produrre effetti positivi non solo sulle necessità delle persone, ma anche sulla crescita economica e sull’opportunità di occupazione delle stesse.

Le tre proposte della CGIL per un Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, forte e vincolante:                                            1. Diritti nel lavoro, a garanzia in tutta Europa dei principi contenuti nella proposta di legge di iniziativa popolare per una “Carta dei Diritti Universali del Lavoro”; 2. Diritti nel welfare, a riconoscimento delle prestazioni e dei servizi di protezione sociale come strumento indispensabile per garantire i diritti sociali e come fattore di sviluppo e creazione di posti di lavoro, che richiede necessariamente l’abbandono delle politiche austerity e l’assunzione di un nuovo primato dei diritti sociali fondamentali (come la salute, le cure, l’assistenza, l’istruzione, la formazione, l’alloggio, ecc.) e dei modelli di protezione universale, incluso un sistema di reddito minimo finalizzato all’inclusione sociale delle persone più fragili; 3. Dialogo sociale e democrazia nei luoghi di lavoro, per garantire la copertura universale della libertà di organizzazione sindacale, di negoziazione, di azione collettiva e rappresentanza degli interessi del lavoro per tutte le lavoratrici e i lavoratori, che assicuri un coordinamento europeo per i lavoratori di filiera o di azienda dando loro la possibilità di organizzarsi a livello transnazionale in modo unitario.

About the author / 

Angelo Motola
Angelo Motola

Analista delle politiche d’immigrazione, dal 2012 collabora come ricercatore con l’Istituto di Ricerche Internazionale Archivio Disarmo (IRIAD)

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