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Il dramma silenzioso dei bambini migranti

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Nel 2015 oltre un milione di persone sono fuggite dalle loro case a causa della guerra, delle persecuzioni,  della povertà estrema e sono riuscite a raggiungere l’Europa. Solo il 3% di loro è arrivato via terra. La quasi totalità è giunta sulle coste del Vecchio Continente prendendo la via più pericolosa, quella del mare. Scappano per lo più dalla Siria, dall’Africa e dal Sud dell’Asia. Si tratta del più grande flusso migratorio registrato dalla fine delle Seconda Guerra Mondiale, riferiscono gli analisti dello IOM – International Organization for Migration. Oltre 3.692 non sono riuscite a portare a termine la traversata e sono morte annegate nelle acque del Mediterraneo. Parliamo di perdite accertate che tuttavia non tengono conto dei centinaia, forse migliaia, di scomparsi durante la lunga fuga verso l’Europa, di cui non si hanno più notizie.

Le morti rilevate sono più che raddoppiate rispetto al 2014 e questo dato non risparmia nemmeno i più piccoli. Oltre 700 tra neonati e bambini hanno perso la vita nel solo 2015 nel tentativo di fuga verso un futuro migliore, laddove scappare è l’unica soluzione possibile. Non fanno che ripeterlo i migranti e i rifugiati ogni volta che, dopo essere stati salvati dal mare, viene chiesto loro perché sono disposti a rischiare la loro vita in questo modo. La loro risposta è sempre la stessa: “non c’è alternativa”.

Quella dei bambini è una strage silenziosa di innocenti che si consuma giorno dopo giorno nonostante l’enorme lavoro svolto nelle operazioni di salvataggio in mare. L’attuale dispiegamento di uomini e mezzi messi in campo dagli Stati costieri e dalle organizzazioni umanitarie non è in grado di fronteggiare un flusso di arrivi di questa portata, laddove solo i più fortunati riescono a mettersi in salvo. Nulla cambierà fino a quando non saranno creati canali d’ingresso legali che possano garantire la salvaguardia della vita delle persone e insieme l’indebolimento delle reti del traffico di esseri umani, che ricordiamo essere una delle tante risorse in mano alle organizzazioni criminali e al terrorismo. Stabilito che la migrazione è un fenomeno strutturale ed inevitabile del nostro tempo, non è più possibile procedere con scelte di chiusura che mettono in pericolo le vite dei più deboli e arricchiscono le stesse organizzazioni terroristiche che sosteniamo di voler combattere. Deve prevalere la consapevolezza di una gestione risultata fino a questo punto fallimentare. Ora più che mai è tempo di ripensare il paradigma attuale e scegliere una via nuova, quella di una migrazione che sia legale e sicura per tutti, nel rispetto dei diritti della persona, come previsto dalla normativa internazionale.

Tanti, troppi piccoli Aylan Kurdi sono scomparsi e continuano a morire soli al largo delle coste europee e a nulla sono servite le promesse delle autorità europee all’indomani delle immagini di quel bambino siriano che hanno commosso il mondo. Secondi i dati IOM, tra il 9 e il 20 dicembre, i migranti che hanno attraversato il confine che divide Grecia ed Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (acronimo FYROM) sono stati per il 45,6% maschi in età adulta, il 21,9% donne adulte; il 35% minori accompagnati  e l’1,5% minori non accompagnati. Quest’ultimo dato è significativo di un altro fenomeno, altrettanto allarmate, che riguarda i minori stranieri non accompagnati (MSNA) che giungono nei Paesi di primo approdo e di destinazione finale.

I dati di Save the Children al 16 dicembre riferiscono di 15.670 minori arrivati in Italia, di cui oltre 11 mila non accompagnati (il 73% del totale). L’età media è tra i 14 e i 17 anni, ma tra loro ci sono anche tanti bambini, a conferma di una preoccupante e progressiva diminuzione dell’età d’ingresso. I minori eritrei sono il gruppo più numeroso tra i MSNA giunti in Italia, seguiti dagli egiziani (in vertiginoso aumento soprattutto nella Città di Roma), i somali e i nigeriani (raddoppiati rispetto al 2014).

Costretti alla fuga affrontano da soli viaggi terribili, subiscono violenze e abusi di ogni tipo lungo tutto il percorso, in particolare durante le traversate nel deserto e nelle carceri libiche. Diventano fin da subito vittime di tratta e di sfruttamento, usati come merce di scambio da reti criminali attive sia nei paesi di partenza, sia in quelli di primo approdo e di destinazione. Schiavi del sesso e del lavoro nero – come emerge dal Dossier Tratta “I Piccoli Schiavi Invisibili”  – sempre più minori sono costretti a concedere prestazioni sessuali anche a bassissimo costo e senza protezioni, a lavorare nei mercati generali di frutta e verdura (CAR) o negli autolavaggi per pochi euro al giorno. Altri  ancora sono coinvolti nel giro dello spaccio di droga e dei piccoli furti.

In molti scappano da conflitti e persecuzioni. Altrettanti fuggono dalla povertà estrema e giungono in Europa per ragioni prevalentemente economiche. Strappati alla loro infanzia ed adolescenza, già dal momento della partenza diventano schiavi di un debito di viaggio che dovranno estinguere con qualsiasi mezzo e nel più breve tempo possibile, affinché questo non ricada sulle loro famiglie già pesantemente afflitte dalla povertà. Anche quei minori che sottratti allo sfruttamento riescono ad intraprendere percorsi di recupero presso le comunità di accoglienza, manifestano paura per possibili ripercussioni sui i lori cari nei paesi di origine e troppo spesso, altro dato allarmante, non si percepiscono come sfruttati da questa condizione.

La loro natura di invisibili li rende il gruppo più vulnerabile tra i migranti e rifugiati che raggiungono l’Europa e per molti di loro sopravvivere al viaggio non rappresenta alcuna salvezza, bensì l’inizio di un nuovo dramma.

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Angelo Motola
Angelo Motola

Analista delle politiche d’immigrazione, dal 2012 collabora come ricercatore con l’Istituto di Ricerche Internazionale Archivio Disarmo (IRIAD)

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