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Democrazia e partecipazione nell’UE: il ruolo del Comitato Economico e Sociale

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La crisi economica e politica, ha seriamente minato le istituzioni europee e la loro credibilità. Diffidenza, sensazione di inefficacia decisionale e di scelte politiche spesso inique a vantaggio esclusivo del grande capitale finanziario, sono alcune delle percezioni che si stanno rapidamente diffondendo tra i cittadini europei rispetto all’Europa. Abbiamo discusso di questi temi con Susanna Florio, segretaria del gruppo dei lavoratori del Comitato Economico e Sociale Europeo.

“Le istituzioni europee” ha affermato Susanna Florio, “da un lato risentono della sfiducia dei cittadini che le vedono unicamente orientate a produrre vincoli di bilancio e misure di austerity, dall’altro sono tenute in scarsa considerazione dalle stesse organizzazioni politiche e sindacali, che tendono a non attribuire loro il giusto peso e il giusto spazio nella propria agenda e sottovalutano la possibilità di interferire e influenzare il percorso decisionale comunitario”. In questo quadro, ha aggiunto la Florio, “il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) può diventare uno strumento fondamentale per far sentire la voce delle persone che rappresentiamo nelle varie sedi decisionali dell’Unione”.

Tale organismo, nato già nel 1957 con il trattato di Roma, ha l’obbiettivo di promuovere la democrazia partecipativa nell’UE e il rafforzamento del ruolo delle organizzazioni rappresentative della società civile (organizzazioni sindacali ed imprenditoriali, le associazioni che rappresentano diversi gruppi di interesse quali organizzazioni dei consumatori, rappresentanti del mondo delle professioni liberali, ONG, ecc.), attraverso un dialogo costante e strutturato con le istituzioni comunitarie.

Il CESE ha principalmente potere consultivo, che si esplicita attraverso l’elaborazione di pareri sulle tutte proposte di leggi europee o sui temi che a suo giudizio meritano una riflessione. Attualmente il CESE è composto da 352 membri provenienti dai 28 stati dell’Unione e ha al suo interno una composizione eterogenea, che impone un grande lavoro di confronto e dialogo tra le parti, sia per la contrapposizione tra i differenti interessi rappresentati, sia per motivi legati alla diversità tra le singole posizioni nazionali. Si tratta di una complessità che, come ci ha spiegato Susanna Florio, nell’attuale fase economica si è riverberata anche all’interno del gruppo dei lavoratori, dove “si possono chiaramente distinguere almeno tre differenti posizioni: quella dei paesi più colpiti dalla crisi, che chiedono all’Europa un maggiore impegno per aiutare gli stati ad affrontare l’emergenza occupazionale e sociale e per tornare a crescere, quella dei paesi scandinavi, che essendo meno esposti alla crisi, tendono a opporsi a tale prospettiva, e quella della Germania, che difende i suoi interessi e il suo modello di sviluppo”.

Quando, tuttavia, all’interno del gruppo si riescono a trovare soluzioni condivise, i rappresentanti dei lavoratori riescono con maggior facilità a essere propositivi e far valere le proprie posizioni. “Un’opportunità che”, secondo Susanna Florio, “va sfruttata a pieno per consentire alle organizzazioni sindacali di giocare un ruolo importante all’interno dei processi decisionali dell’Unione”. Si tratta di un’opportunità che, come nella battaglia contro la direttiva Bolkestein, sfociata nella grande manifestazione del 2006 a Strasburgo, ha portato le istituzioni europee ad accogliere buona parte dei suggerimenti proposti dal gruppo dei lavoratori del CESE.

Organismi come il Comitato Economico e Sociale Europeo, perciò, ci mostrano come un’Europa più attenta ai problemi sociali e più permeabile ai pareri delle organizzazioni della società civile sia possibile. Tuttavia, occorre fare ancora enormi passi avanti per raggiungere pienamente questo obiettivo. Come, infatti, ci ha spiegato Florio, “in Europa oggi esiste un enorme problema di governance democratica”, in cui la gestione delle politiche economico-finanziarie, con un enorme impatto sulla vita quotidiana, viene delegata interamente a un sistema intergovernativo molto poco trasparente e soprattutto lontano dai cittadini europei. “Solo attraverso un impegno diretto anche delle organizzazioni sindacali”, ha continuato, “sarà possibile invertire la rotta e sviluppare in Europa una vera e propria democrazia partecipativa”. Una sfida fondamentale per i destini dell’Unione, che le organizzazioni sindacali devono assumersi con forza.

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Umberto Bettarini
Umberto Bettarini

Ricercatore sociale, esperto di relazioni industriali e di sindacalismo europeo

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