33 world countries requiring external assistance for food
Diritti umani, News dal Mondo

Conflitti e i cambiamenti climatici minacciano la sicurezza alimentare

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Sono 33 i paesi del mondo che necessitano di assistenza alimentare esterna principalmente per cause legate al protrarsi di conflitti interni e all’intensificarsi di fenomeni climatici a carattere disastroso. Di questi, 26 si trovano in Africa e 7 tra Medio Oriente e Asia. È quanto emerge dall’ultimo rapporto FAO “Prospettive dei Raccolti e Situazione Alimentare. Entrambe queste variabili, o una loro combinazione, generano impatti negativi sulla produzione locale e favoriscono un aumento fuori controllo dei prezzi dei prodotti alimentari nazionali, in contesti in cui anche i costi dei prodotti importati sono molto elevati e il livello dei redditi pro capite è generalmente basso.

I paesi che richiedono assistenza esterna per la fornitura di prodotti alimentari non hanno le risorse necessarie per poter rispondere alle crisi che li attraversano. Per ragioni diverse si trovano a dover affrontare livelli alti di malnutrizione della popolazione dovuti alla carenza di disponibilità di cibo sufficiente o alla totale mancanza di accesso ad esso. L’insicurezza alimentare peggiora in situazioni di conflitto armato, in particolare in teatri come Siria e Yemen, ma anche forti impatti in paesi come Niger, Cameroon, Chad e Repubblica Democratica del Congo che accolgono un grande numero di sfollati in fuga da guerre e persecuzioni nella regione.

Emblematico è il caso di Madaya in Siria, città montana di 40 mila abitanti a sud-est del paese, lungo il confine col Libano. La località sotto assedio da mesi è una prigione a cielo aperto, circondata da un territorio ricoperto di mine anti-uomo, dove coloro che provano a fuggire vanno incontro a morte certa. A nulla erano serviti i tentativi degli operatori Onu di creare un corridoio umanitario nelle scorse settimane. Solo in questi ultimi giorni Damasco ha permesso alle Nazioni Unite e alla Mezza Luna Rossa il passaggio degli aiuti alimentari e di beni di prima necessità per la popolazione affamata da mesi. Fino a settimana scorsa la città era irraggiungibile, con le ultime risorse disponibili esaurite da tempo. Un chilo di farina è arrivato a costare 100 dollari in un paese dove lo stipendio medio mensile è di 200 dollari. A Madaya reperire cibo è impossibile e nel solo mese di dicembre sono morte di fame 31 persone. La popolazione si nutre di foglie e i più esposti a questa lenta agonia sono ancora una volta i bambini.

In una scala composta da 5 fasi che classifica il grado di sicurezza alimentare (1-Minimo; 2-Accentuato; 3-Crisi; 4-Emergenza; 5-Catastrofe), si prevede che in Africa occidentale il numero di persone classificate nella fascia 3 aumenterà dai circa 8 milioni attuali a più di 10,7 milioni tra giugno e agosto 2016. In Africa orientale, segnata da una grave crisi di siccità in Etiopia, così come dal prolungarsi di conflitti intestini, il numero di persone che necessitano di assistenza umanitaria è stimato intorno ai 17 milioni, il 50% in più rispetto allo scorso anno. Nell’Africa meridionale l’ondata anticipata di siccità stagionale provocata da El Niño sta provocando seri danni ai raccolti di cereali previsti rallentando le attività produttive. Lo stesso fenomeno sta influenzando negativamente anche le colture in alcune parti dell’Asia, America Centrale, Caraibi e Oceania. Secondo le stime FAO la produzione di cereali secondari in Africa nel 2015 è crollata del 12% a fronte di un calo del 2% di quella globale.

Sono circa 795 milioni le persone che ancora nel mondo soffrono la fame. Dal 1990 questo numero è diminuito di 216 milioni. Tuttavia ad una riduzione del numero globale è corrisposto un aumento in alcune aree geografiche come in Asia occidentale e nell’Africa Sub-sahariana. Quest’ultima rappresenta la regione con la maggiore incidenza al mondo di persone che non hanno accesso al cibo. Una persona su quattro soffre di denutrizione. Inoltre, si stima che 3,1 milioni di bambini muoiano ogni anno per scarsa alimentazione e quasi la metà di loro ha un’età al di sotto dei cinque anni.

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Angelo Motola
Angelo Motola

Analista delle politiche d’immigrazione, dal 2012 collabora come ricercatore con l’Istituto di Ricerche Internazionale Archivio Disarmo (IRIAD)

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