«Permettere alle multinazionali di fare ciò che vogliono, trasferendo le proprie aziende dove la manodopera costa meno, non è quanto di meglio si possa fare per la crescita dell’Europa.»
In alpinismo, il sesto grado corrisponde al livello di arrampicata più faticoso. Quello in cui si incontrano maggiori incognite e pericoli. Aldo Biffi usa questo paragone, per descrivere lo sforzo necessario a raggiungere vette più elevate, sia all’interno dei comitati aziendali che in Europa.
Per lui «… Il Cae nasce debole. Le multinazionali tendono a selezionare le informazioni da trasmettere a noi delegati, nel tentativo di evitare situazioni di conflitto che possano intralciare le loro decisioni. Credo sia giunto il momento di spingere l’acceleratore su alcuni processi. Il primo è lo sviluppo della contrattazione transnazionale.»
Nel suo piccolo, Biffi sta cercando di dare un contributo sensibilizzando i colleghi stranieri, e invitandoli ad aprire un dibattito nazionale con i sindacati di riferimento. La relazione con gli altri delegati è proficua e ricca di spunti. La circolazione delle notizie avviene grazie a una rete di rapporti internazionali basati sui principi di solidarietà e collaborazione. Esistono sia obiettivi comuni che differenze. I Paesi di area mediterranea sono più critici, quelli del Nord Europa – e in particolare la Germania- ripongono maggiore fiducia nelle strategie aziendali. Da anni, la Perkin Elmer osserva un codice di condotta detto di “Responsabilità Sociale”, ma ciò non le ha impedito di lasciare a casa centocinquanta lavoratori. Nel 2013 ha infatti chiuso due sedi: a Monza e a Bruxelles, aprendo, contestualmente, un centro servizi in Polonia.
Anche per questo il Cae del Gruppo ha avuto una gestazione che dal 2008 si è trascinata fino al 2014.
«La direzione voleva fare i suoi giochi prima che il comitato si insediasse.» afferma Biffi. Di fronte a tutto ciò, la sensazione è di impotenza. «Occorre recuperare per il Cae un ruolo negoziale. In qualità di delegati, è nostro obiettivo conoscere meglio le realtà locali. Sarebbe importante avere accesso alle diverse sedi dove riscontriamo l’esistenza di problemi, per stabilire un dialogo con i lavoratori, sviluppando una visione d’insieme su cui edificare una strategia.»
Nell’opinione di Biffi si tratta di nodi cruciali, attraverso i quali passa la possibilità di trasformare l’Unione europea in un’entità politica e sociale realmente vicina ai suoi cittadini. «Permettere alle multinazionali di fare ciò che vogliono, trasferendo le proprie aziende dove la manodopera costa meno, non è quanto di meglio si possa fare per la crescita dell’Europa.»
Il ruolo del Cae è importante, in tal senso, e Biffi guarda a ciò in maniera pragmatica. Sa che quando la meta è lontana e ardua da raggiungere, le insidie sono ovunque. Meglio agire, senza stare a pensarci troppo. «Se non fai niente- conclude- non arrivi da nessuna parte.»
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Sito web a cura del Dipartimento Internazionale di CGIL Lombardia: internazionale@cgil.lombardia.it (Responsabile Fabio Ghelfi).
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